Da Lima ci scrive Elisa, una delle 3 volontarie attualmente in Perù per svolgere il servizio civile. Elisa ci racconta il primo impatto con un luogo caotico e, allo stesso tempo, denso di vita
Non so descrivere bene la sensazione che mi ha avvolto non appena sono uscita dall’aeroporto di Lima. Sono quelle cose che restano impresse, nei ricordi certo, ma più sulla pelle. L’umidità, la luce dei lampioni, l’odore acre, il caos di macchine e mototaxi.
In pochi secondi io, Greta e Martina (le altre volontarie con le quali condivido l’esperienza del servizio civile) abbiamo capito cosa ci avrebbe accompagnato per i prossimi 10 mesi. Lima è enorme e caotica. Il viaggio dall’aeroporto alla nostra casa è stato lungo, il traffico in questa città è inspiegabile. Ci ha permesso però di dare un primo sguardo alla realtà in cui ci siamo catapultate: un luogo denso di vita, luci e colori.
Due ore verso la periferia sud di Lima e ci si rende conto delle grandi differenze tra i vari distretti. Lo sguardo passa dai grattacieli alle grandi strade fino alle luci delle piccole case arroccate una sopra l’altra in un oceano infinito.
E davvero lo abbiamo visto l’oceano di luci! Scendendo dalla collina che sovrasta Villa María del Triunfo la bocca si è spalancata e non si è più chiusa. Migliaia di abitazioni, milioni di luci che si estendono su un territorio vastissimo.
L’arrivo in casa
Stanche e appesantite dai bagagli, saliamo le scale ed entriamo nella nostra nuova casa. I nostri occhi si riempiono di un’esplosione di colori. Le pareti sono tinte di verde, giallo e arancione, dalla tonalità sgargianti, nonostante la polvere che qui diventa sabbia. Ci facciamo strada caute e iniziamo a misurare un po’ gli spazi, come gli animaletti che si addentrano nella loro nuova tana. Il viaggio ci ha un po’ provate mentalmente e fisicamente. Ci vuole un po’ di riposo. Ma dubito che una persona possa riposare bene la prima notte in Atalaya 11.
I mototaxi, questi bellissimi e impavidi mezzi di trasporto, sono l’emblema del caos. Passano sotto le finestre e ne fanno tremare i vetri. Ma non solo grazie ai loro motori possenti da Ape Piaggio, ma anche con la musica. Ad altissimo volume, sempre.
Ci hanno preparato: a Lima per i primi mesi non vedrete il sole e tantomeno il verde. L’abbiamo visto il giorno dopo, invece, splendere e illuminare ciò che di notte sembra non esserci. È il primo giorno di sole, dopo mesi, un buon segno no? Peccato che sia stata solo un’illusione, perché poi si è nascosto per altrettanti mesi. Grigiore e nebbia, come in pianura padana, se non peggio.
Come risvegliate dopo un lungo sogno, iniziamo a scrutare ciò che ci circonda dall’alto della nostra terrazza. Lo sguardo va dal cerro e alle sue case arroccate, le ripide scalinate e strade, ai mototaxi che vi scendono a motore spento, a chi sta giocando a calcio, a una distesa di sabbia ricoperta di spazzatura, allo skatepark, alla linea della metro, il mercato e poi l’orizzonte di alte colline ricoperte di costruzioni di ogni tipo. Le nostre orecchie sentono la musica dei mototaxi, la voce di chi gioca e le ruote degli skate, il treno che passa veloce e il casino infernale che si porta dietro. E i cani. Tantissimi cani. Anche il loro continuo abbaiare si sente. Guardiamo fuori, ma ci guardiamo anche dentro, per imprimere ed elaborare.
Sono passati un po’ di giorni e ci immergiamo, sempre in punta di piedi, in quella che è la vita nella periferia sud di Lima. Ci portano a scalare il “cerro”. Scalare sì, perché le salite sono così repentine e ripide che ti viene da pensare a come fanno, ogni giorno su e giù per quelle scale.
Vediamo famiglie che vivono in case che si fa fatica a chiamare tali, a volte senza luce e altre volte anche senz’acqua, che devono comprare. Quando passa la cisterna quasi la totalità di ciò che guadagnano si trasforma in acqua. Lavorano per comprarsi il bene primario!
Scendiamo piano in mezzo alla nebbia, che qui si fa più densa e carica di odori. Siamo più tristemente consapevoli.
La Comunità dei missionari qui a Lima ci accoglie e già ci sentiamo più a casa rivedendo volti amici o, semplicemente, perché ci troviamo in luogo sicuro. Ci spiegano i progetti per i prossimi mesi ed, entusiaste, ci avviamo verso il nostro primo giorno di lavoro.
Elisa Cavalli, operatrice servizio civile